Spaccio: alcune riflessioni su come stroncare il fenomeno

Da qualche anno a questa parte le zone boschive sono diventate in tutta la Lombardia zona di spaccio. È di pochi giorni fa infatti la notizia dell’operazione “Maghreb” dei Carabinieri, che ha portato all’arresto di pusher che trafficavano nelle nostre zone prealpine, Valcuvia e Valganna in particolare.

Lo schema era semplice: la droga, smerciata nel milanese, era consegnata a spacciatori che agivano nella fascia di territorio Brinzio - Montegrino - Marzio, nascondendosi nella boscaglia non lontano dalle strade e vendendo ai consumatori attraverso dei galoppini ai quali promettevano qualche dose gratis per la loro manovalanza.

Mi fa rabbrividire sapere che nei nostri boschi, fruibili da famiglie, cercatori di funghi, escursionisti o villeggianti, vi siano attive zone di spaccio e che non abbiamo nemmeno più la sicurezza di poter fare una passeggiata tranquilla alla scoperta della Linea Cadorna poiché loschi figuri portatori di degrado e di morte controllano il territorio e minacciano chi li avvista.

Leggo dai giornali che gli assuntori sarebbero persone di tutti i tipi: adolescenti, artigiani, professionisti, persino insegnanti. Potremmo aprire un grande capitolo sul disagio esistenziale che stiamo vivendo in questi anni e che portano molte persone ad assumere cocaina, hashish o eroina per “affrontare le difficoltà” della giornata o della vita; ma non è questo il punto.

Rifletto invece su come sia possibile stroncare il problema, perché se l’educazione e la prevenzione sono importanti, non possono essere efficaci senza una seria attività di dissuasione e di repressione. L’educazione presa singolarmente può portarci ad essere persone rispettose e di buon senso, ma nel caso dello spaccio di droga non bisogna ragionare col buon senso, bensì con la ragione e partendo dalla visione di comunità e di suo futuro. Una società che non reprime il consumo di droga è una società destinata ad ammazzare i suoi membri o quanto meno, a creare degli individui deboli emotivamente e psicologicamente, destinati a soccombere di fronte alle sfide che la vita pone, senza possibilità di creare un futuro prospero per figli e nipoti.

Punire lo spacciatore è sacrosanto, ma in Italia le pene sono fin troppo blande. A questo sembra porre rimedio il decreto che il Ministro Salvini sta per presentare. Attualmente le pene sono ridicole: pochi mesi di galera, se non addirittura una semplice denuncia a piede libero, mille attenuanti e poi via, pronti a spacciare ancora per “arrotondare”.

Per affrontare la questione in modo efficace, a parer mio, bisogna cambiare il punto di vista, ovvero il bersaglio: dallo spacciatore all’assuntore.

Il consumatore spesso è visto come una povera vittima, debole psicologicamente, turlupinata da cattive compagnie, distrutta dalle intemperie della vita. Ma oggi, nel 2019, bombardati da informazioni dei social, dai tg, nonché da una comunicazione politica efficace che insiste molto sul ritorno alla legalità e al contrasto di determinati reati che creano allarme sociale, possiamo veramente pensare al consumatore solo come ad una vittima?

La traduco in modo più semplice: gli spacciatori sono criminali; i consumatori sono complici.

Complici perché nessuno ormai può ignorare che dietro allo spaccio di soggetti come quelli attivi in Valganna e Valcuvia vi sia un’organizzazione criminale, vi siano degli sfruttatori e degli sfruttati, vi siano realtà potenti come la ‘Ndrangheta o la mafia nigeriana che utilizzano questi proventi per finanziare le loro attività illecite fatte di sfruttamento della prostituzione, traffico di organi, di armi, di esseri umani, riti vodoo e tanto altro ancora.

Nemmeno una delle persone che si recava ad acquistare la droga nei boschi di Cugliate Fabiasco o di Castello Cabiaglio può nascondersi dietro all’alibi “non sapevo”, perché le cronache locali di questi anni riportano di spacciatori nei boschi armati, di minacce agli escursionisti, di pericolo incendi nei nostri boschi.

E un bivacco di spacciatori in mezzo al bosco secco rappresenta un rischio così alto che anche un bambino lo capirebbe. Infine sono complici dell’ordinario degrado e del conseguente allarme sociale che si diffonde nelle aree dove lo spaccio è praticato.

Se vogliamo stroncare l’offerta di droga e salvaguardare la nostra comunità e il nostro territorio, dobbiamo stroncare la domanda.

Ad oggi l’assuntore non subisce punizioni, se non segnalazioni alla questura ed eventuale inserimento in comunità rieducative, che avvengono spesso su base volontaria, tranne in casi particolari.

L’aspetto di disintossicazione e di rieducazione va benissimo e va potenziato, ad esempio introducendo l’obbligo di lavori socialmente utili presso le pubbliche amministrazioni e in particolar modo, presso i piccoli comuni, le comunità montane, gli enti Parco e i gruppi di Protezione Civile e di Guardie Ecologiche.

Infatti, nel caso di consumatori che abbiano comprato stupefacente in zone boschive, questo provvedimento aiuterebbe notevolmente gli enti in questione ma farebbe toccare con mano ai consumatori i danni causati dai loro spacciatori di fiducia nei nostri boschi, oltre ovviamente a sensibilizzarli al volontariato.

Accanto a queste misure, bisogna necessariamente affiancare dei provvedimenti punitivi, dissuasivi e penalizzanti, come ad esempio il DASPO urbano, la revoca della patente di guida in modo definitivo o per una durata temporale molto lunga, unitamente all’obbligo di sottoporsi ad esami antidroga con cadenza periodica per lunghissimo periodo e in caso di positività ai test, l’avvio ad un percorso obbligatorio con un SERT o avvio ai servizi sociali obbligatori.

Si potrebbero istituire forme di penalizzazione fiscale, dato che essere toccati sul portafoglio è molto efficace come deterrente (i liberi professionisti in regime agevolato perderebbero il vantaggio, riduzione o eliminazione della possibilità di dedurre/detrarre alcune spese, penalità contributive ecc), oppure ancora per gli adolescenti alle scuole superiori si potrebbe prevedere l’obbligatorietà degli esami a settembre, anche senza debiti, indipendentemente dall’andamento scolastico.

Le care vecchie multe restano poi sempre utili per disincentivare alcuni atteggiamenti, l’importante è che siano alte e progressive, ovvero devono aumentare in caso di recidiva.

Aggravanti andrebbero previste per chi ha incarichi di particolare rilievo sociale o educativo, come insegnanti, autisti, medici e infermieri, educatori o assistenti sociali, che potrebbero arrivare al licenziamento o radiazione dall’albo professionale vista la grande responsabilità che hanno verso le altre persone e che li deve portare ad essere assolutamente sani.

Infine, perché no, qualche giorno di carcere potrebbe comunque essere utile; anche solo una o due settimane, che però possono aiutare a far riflettere molto un libero cittadino qualsiasi con la fedina penale pulita.

Insomma, consumare droga deve diventare un atto con conseguenze estremamente pratiche e scomode, spiacevoli, socialmente dequalificanti. Forse così l’insospettabile libero professionista, l’artigiano, l’insegnante o l’adolescente avrebbero più remore a comprare una dose sapendo che non potrebbero più guidare o che il loro lavoro rispettabilissimo dovrebbe essere interrotto per qualche giorno causa soggiorno forzato in cella, perché ne andrebbe della loro professione e della loro credibilità. E la domanda di droga calerebbe drasticamente.

Leslie G. Mulas

Sindaco di Besano

in: Varese e dintorni
12 Marzo 2019